Daihatsu presenta l'Fc Sho Case, originale di studio di mobilità alternativa. E' grande meno di una citycar
Sembra un cinema con le ruote, ma è una monovolume a idrogeno
Daihatsu Fc Sho Case
TOKYO- E’ il classico concept da Motor Show giapponese. Quello che non vedremo mai nei seriosi saloni europei o americani e che invece da queste parti sono l’essenza del Salone stesso. Si chiama FC Sho Case ed è portato alla ribalta in anteprima mondiale a Tokyo da Daihatsu, la più antica Casa giapponese, dal 1967 nelle mani di Toyota (da gennaio 2013 non sarà più presente sul mercato europeo a causa del caro yen).
Un’auto fuori dagli schemi, a partire dalla linea: impossibile trasformare in realtà questa monovolume, simile ad un veicolo commerciale, squadrata (efficienza aerodinamica praticamente nulla), alta, stretta e lunga (3,40 metri di lunghezza, 1,9 di altezza per soli 1,47 di larghezza). Per intenderci: la nuova up! è più larga del concept giapponese di quasi 20 cm. Chiaro come, in queste dimensioni compatte, ci sia la necessità di massimizzare lo spazio a disposizione: i quattro sedili sono incastrati nel fondo piatto (e trasparente) della vettura ed estratti fuori all’occorrenza.
I due profili laterali sono simmetrici e si accede dall’auto solo attraverso la grande portiera ad ali di gabbiano posta sul lato sinistro. Così come non tradizionale è l’alimentazione: Daihatsu ha optato per un motore elettrico alimentato da compatte fuel cell (realizzate senza usare metalli preziosi) ad idrogeno, in grado di far viaggiare la piccola giapponese ad emissioni zero. L’autonomia non è stata dichiarata, i giapponesi di Daihatsu però assicurano: «la FC Sho Case è un esercizio di stile ma dimostra come anche su un’auto compatta, in futuro si potranno portare a bordo le tecnologie ad idrogeno». Curiosità finale: gli stand Daihatsu e Toyota sono uno accanto all’altro nella west hall del Big Sight di Tokyo. Il primo è luminoso, vitale con un’immagine positiva, il secondo, quello del colosso giapponese, sembra, nonostante le scritte «reborn» (rinascita), buio e dimesso. Alle volte i piccoli superano i grandi.
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